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domenica 16 maggio 2010

Inquietudine da luci spente - parte prima -

Scriveva dappertutto: sui muri della stanza, su pezzi di carta strappata, sulle copertine dei libri, su quaderni bianchi densi di aspettative.
Aveva delle manie: la firma perfetta, disegni per coprire parole o frasi che rilette non le piacevano più, frasi famose per i buchi di ispirazione. Eva aveva lunghe dita da pianista, occhi nocciola dallo sguardo inquieto, lunghi capelli castani dove faceva capolino un ciuffo biondo vivo.
Scriveva perché non parlava: bastavano i suoi occhi.. gli occhi più tristi che abbia mai visto. Tutto parlava tranne quelle labbra che restavano chiuse o si serravano alla prima domanda.
Quando era piccola e la febbre la teneva inchiodata al letto immaginava scene teatrali: mimava la sua morte. Puntualmente quando qualcuno rientrava a casa, si buttava a terra, faccia al pavimento, respiro lentissimo...e puntualmente passava cosi tanto tempo prima che qualcuno aprisse la porta che finiva per addormentarsi.
Eva è cresciuta leggendo ogni genere di libro, sottolineava, anneriva, scriveva a matita le sue impressioni. Eva scriveva temi sui profumi tra i banchi di scuola, disegnava alberi con rami simili a braccia, le foglie erano le mani: ad ognuna il suo pugnale gocciolante. Ha scoperto il senso di colpa e la smania per la perfezione troppo presto, il suo corpo e il suo cuore ne hanno subito le conseguenze...

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